mercoledì 12 gennaio 2011

Mr. Palomar e Doctor Subtilis

Mr. Palomar conosce un tizio che scrive poesie. A dire il vero, sarebbe più giusto dire che questo tale scribacchia delle mostruosità che nemmeno l'uomo più generoso del mondo potrebbe definire lontanamente poesie: ma si dà il caso che questo poetastro si ritiene all'altezza di Dante, Leopardi e Montale.
Mr. Palomar ha capito ben presto che si tratta di megalomania patologica, e ultimamente cerca di stare alla larga da questo conoscente, o perlomeno di evitare in sua presenza l'argomento poesia, per non dovere dirgli in faccia cosa pensa delle sue manie di grandezza. Si sa, coi matti è meglio andare cauti.
Un giorno, però, gliel'ha detto chiaro e tondo: "Se lei è Dante, allora io sono Napoleone!"
Quando ci vuole, ci vuole. Mr. Palomar è un uomo dal cuore tenero: si fa sempre mille problemi a tirar fuori le unghie, e quelle poche volte che lo fa, poi rimugina a lungo sull'avvenuto. Così quel giorno, ripensando alla frase pronunciata, Mr. Palomar ragionava così tra sè e sè:
"Che senso ha veramente dire che se lui è Dante, allora io sono Napoleone?
E' strana la lingua italiana! Certo, capisco bene che si tratta di una iperbole: come a dire che se è vera un'assurdità come quella che mi ha detto il poetastro, allora siamo autorizzati a dire tutte le assurdità che vogliamo. Ma da un punto di vista logico, è vero che c'è proprio questa relazione di causa-effetto?"

Mr. Palomar ha pensato a lungo, ha tirato fuori alcuni libri dalla sua libreria, e si è ricordato di un filosofo scozzese vissuto intorno al 1300, Giovanni Duns Scoto, che a causa delle sue sofisticate argomentazioni logiche (per alcuni cavillose) venne soprannominato "Doctor Subtilis".
A Scoto, ha scoperto Mr. Palomar, viene tradizionalmente attribuita la scoperta di un principio fondamentale della logica, detto anche "principio di esplosione" o "Ex falso sequitur quodlibet" (cioè: "dal falso discende qualsiasi cosa"): ma in realtà questo teorema fu scoperto da qualche altro logico sconosciuto. Cosa dice questo principio?
Che se per assurdo consideriamo vera una contraddizione logica, allora possiamo dedurre come vera qualsiasi affermazione ci venga in mente. Quindi, ha pensato Mr. Palomar con un briciolo di emozione, se è vero che il poetastro è proprio Dante, allora posso davvero concludere che io sono Napoleone.

Come si spiega la legge dello (pseudo)Scoto?
Noi sappiamo che il conoscente di Mr. Palomar non è Dante, eppure vogliamo ammettere che sia vero ciò che lui sostiene, e cioè che lui è Dante. La contraddizione è quindi data dal fatto che ammettiamo come vere entrambe le affermazioni:
1. il tizio è Dante
2. il tizio non è Dante
Allora Mr. Palomar può legittimamente dire:
"il tizio è Dante oppure io sono Napoleone"
Infatti, dato che abbiamo ammesso come vera la prima parte della frase, anche la complessiva frase disgiuntiva deve essere vera.
Mr. Palomar osserva che se una frase disgiuntiva è vera, significa che è vera almeno una delle sue due parti. Ciò equivale a dire che le due parti non possono essere contemporaneamente false, cioè che l'affermazione "il tizio non è Dante e io non sono Napoleone" deve essere falsa (quest'ultima deduzione è nota come "legge di De Morgan").
Però abbiamo ammesso all'inizio che il tizio non è Dante: quindi deve essere l'affermazione "io non sono Napoleone" ad essere falsa.
Perciò il nostro Mr. Palomar, senza più timore di sbagliare, trae dalla contraddizione iniziale la sorprendente e iperbolica conclusione: "io sono Napoleone".

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